Sto tutto fusion, il nuovo disco di Ciccio Merolla.

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A otto anni dalla pubblicazione di “Fratamme’”, non senza incursioni sulla scena musicale nazionale con singoli di grande successo come ‘O Bongo e ‘O munno che sento, il percussautore partenopeo, Ciccio Merolla ritorna con un nuovo album “Sto tutto fusion” (etichetta indipendente Jesce Sole, distribuzione Goodfellas Roma/ Believe) in cui volutamente non sono stati inseriti i singoli succitati, poiché figli di un momento e quindi di un sound totalmente diverso dal mood di questo nuovo progetto discografico.

Con “Sto tutto fusion”,  Ciccio Merolla continua e conferma con determinazione quel solco su cui si basa tutto il suo percorso musicale e la sua filosofia di vita. Troppo semplice parlare di sola contaminazione, il discorso va oltre la fusione dei generi: quando la musica è una ricerca continua che porta a scoprire, a conoscere, ad amare, di volta in volta, una sonorità, un musicista, uno stile, porta a cercare nell’altro, nella diversità, quella affinità che genera un discorso nuovo. E nella musica di Merolla questa scoperta, questa ricerca, questa passione non mancano mai e i porti in cui è attraccato in questo nuovo viaggio, sono luoghi musicali capaci di contenere mondi che affondano radici nel terreno fertile della sua terra, mai avara di spunti e storie che vale la pena raccontare.

Un Ciccio Merolla sempre più autore, gioca con le parole fin dal titolo del suo album, dando una tripla valenza alla parola chiave del disco dove fusion indica in un linguaggio contemporaneo lo stare fuso, passando poi per lo stile musicale fusion che indica quindi l’impronta musicale della sua musica fatta di contaminazioni, fino ad approdare ad un discorso più ampio che abbraccia proprio una filosofia di vita, lo stare in unione con l’universo, essere fusi gli uni con gli altri, in una sintonia cosmica.

10 brani che si srotolano, si rincorrono, si intrecciano creando un discorso articolato, meticcio, in cui i pezzi strumentali come “Il Campanello” (scatenatissima cumbia) e “Bedroom” (sensuale, agrumato intreccio di Sicilia e Medio Oriente)  si incastonano come piccole gemme tra lo scorrere della sonorità della lingua napoletana di cui sono composti tutti i brani ad eccezione della canzone d’amore declinata in italiano “Giorno migliore” (reggaeton) e “A tempo” in cui la lingua napoletana si amalgama con frasi in italiano in un ritmo che rimanda al Merolla di Kokoro e in cui il musicista ricorda quando Nanà Vasconcellos era uno dei punti di riferimento dei suoi esordi. Il disco si apre con “Bolevo Veggae” (titolo rigorosamente pronunciato con R gutturale, meglio conosciuta come R moscia), un bolero che invita al cambiamento, ispirato al pensiero di Eraclito, il filosofo del divenire; in “Followers” usa invece le sue rime come affondo contro la mania dei social network. Anche il brano “Stai fusion” (sonorità afro beat che strizzano l’occhio a Joe Zawinul e Fela Kuti) è una critica spietata contro la società odierna attraverso un’arma congeniale a Merolla che usa l’ironia per raccontare il dramma umano di chi è emarginato da una società che corre e non si volta a guardare chi è più debole, il sensibile, il diverso. Il musicista rivendica questa libertà intellettuale anche nel brano

Fore”. E in nome di questa sensibilità Ciccio Merolla scrive “Se chiamma ammore”, una canzone dedicata all’anima. Il disco si chiude con “‘Mpasta”, adattamento in lingua napoletana, di “Mustt Mustt” di Nusrat Fateh Ali Khan,in cui  il rito della preparazione del casatiello ricco di diversi ingredienti presenti nell’impasto, è la metafora della ricchezza culturale che avviene attraverso l’incontro di  popoli e di culture diverse, tema tanto caro al musicista partenopeo.

Ciccio Merolla sempre più calato nei panni di autore dunque, ma allo spesso tempo, sempre più musicista che ama la musica suonata e non smette mai di divertirsi con i suoni, in questo disco come in un live. “Sto tutto fusion” è un album dove il suo essere percussionista viene fuori prepotentemente, sempre pronto a coinvolgere l’ascoltatore, protagonista di uno di quei viaggi che non smetteresti mai di raccontare. (scheda disco a cura di Manuela Ragucci)

Prefazione di Renato Marengo:

Ho conosciuto Ciccio Merolla mentre scrivevo per Rai Eri il libro “ENZO GRAGNANIELLO dai Quartieri al San Carlo”, in occasione della partecipazione di Gragnaniello a un’opera di Roberto De Simone su Eleonora De Fonseca Pimentel sulla rivoluzione giacobina napoletana del 1799. Enzo Gragnaniello partecipò col suo quartetto esibendosi  sul grande palco del  Teatro San Carlo di Napoli, con quattro brani della tradizione popolare,  Ciccio era il suo percussionista. Mi accorsi subito che la collaborazione di Ciccio  andava ben oltre il suonare alla sua personalissima maniera campanelli e tamburi, Ciccio era anche l’ispiratore del momento animista, del periodo Mantra di Gragnaniello. E le conferme arrivarono anche durante le riprese che con Michael Pergolani facemmo per lo speciale  televisivo di  Rai3 a loro dedicato.

E in quell’occasione nel raccontare la storia di Enzo dedicammo a Ciccio un intero capitolo raccontando in parte anche la sua storia. Lui, come Enzo nato nei Quartieri, tirandosi fuori con grande determinazione da un ambiente difficile, quasi da un destino segnato, proprio grazie alla sua passione per la musica e al suo talento, che gli faranno  guadagnare la stima di personaggi come Tullio De Piscopo,   James Senese,  dello stesso Gragnaniello, di  Eugenio Bennato e  di tanti altri protagonisti del mio Napule’s Power, movimento musicale di cui Ciccio Merolla, anche se di generazione successiva, è entrato a pieno diritto a farne parte. Compositore e leader di formazioni funky, rock, di musica popolare,  Ciccio è stato antesignano del rap napoletano, del reggae e di tanta musica afro mediterranea che  dal dopoguerra si produce , si suona e si canta a Napoli.

Oggi esce con questo nuovo CD “ Sto tutto Fusion”,  caratterizzato oltre che dal suo personalissimo senso del ritmo, da suoni, melodie , spazialità, uso onomatopeico  della voce, spiritualità e grande ironia.”

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