Falsi progetti di ricerca per evadere il fisco. Una truffa all’Erario che ha portato a due arresti domiciliari e un sequestro da 24 milioni di euro. È quanto portato alla luce da un’inchiesta della procura di Roma e della guardia di finanza di Roma, che hanno eseguito la misura e il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni dal valore superiore a 24 milioni di euro, che non riguardano l’Ateneo.
Una cifra maxi che secondo le indagini corrisponde all’ammontare “dell’imposta evasa, dei debiti erariali indebitamente compensati e del prezzo illecitamente conseguito dai soggetti coinvolti”, ha spiegato la finanza.
Ai domiciliari è finito l’ex prorettore Carlo Maria Medaglia e una sua collaboratrice. Secondo il Comando provinciale della Finanza, la Link Campus e un consorzio a questa collegata, avrebbero certificato di falsi progetti di ricerca e sviluppo a oltre 20 società, consentendo a queste ultime l’illecito utilizzo di crediti d’imposta. L’Università e il consorzio, oltre all’erogazione di benefici fiscali non dovuti, avrebbero utilizzato a loro volta fatture per operazioni inesistenti per abbattere il carico di imposte da versare. Anche grazie a un giro di società che facevano sempre riferimento allo stesso prorettore.
Tra gli indagati il fondatore ed ex presidente della Link, il novantenne ex ministro ed ex sindaco di Napoli democristiano Vincenzo Scotti, che risponde per numerose presunte false fatture emesse dall’ateneo: nei suoi confronti il gip ha ordinato il sequestro per equivalente di oltre tre milioni e mezzo di euro.
Secondo quanto emerso il provvedimento emesso dal gip costituisce l’epilogo delle indagini che hanno permesso di raccogliere “gravi indizi di colpevolezza” nei confronti dell’ex prorettore alla ricerca e docente dell’università Link Campus (che nel frattempo ha cambiato governance) e di una sua collaboratrice, i quali, sono accusati di aver “falsamente erogato progetti di ricerca e sviluppo a oltre 20 società, consentendo a queste ultime l’illecito utilizzo di crediti d’imposta”, ha sottolineato chi ha indagato.
Le indagini hanno riguardato 29 persone e oltre 20 società permettendo di raccogliere un “grave quadro indiziario” circa l’esistenza di un “complesso sistema di frode, al cui centro emergeva il ruolo del prorettore della Link Campus”, finalizzato alla “vendita di veri e propri pacchetti di risparmio fiscale attraverso una metodica emissione di false fatturazioni utilizzate in dichiarazione per abbattere i debiti erariali nonché per beneficiare di crediti d’imposta mai maturati”.
In sostanza secondo i pm e finanzieri, l’evasione milionaria delle somme dovute alle casse dello Stato porterebbe la firma di uno dei vertici dell’università privata. Grazie alla Link Campus e a un consorzio a questa collegata, il prorettore e la sua collaboratrice avrebbero di fatto garantito l’avvio dei fantomatici progetti di ricerca e sviluppo a oltre 20 società, consentendo a queste ultime l’illecito utilizzo di crediti d’imposta.
L’Università e il consorzio, oltre all’erogazione di benefici fiscali non spettanti, “avrebbero utilizzato a loro volta fatture per operazioni inesistenti al medesimo fine di abbattere il carico di imposte da versare”, ha aggiunto la finanza. I reati contestati sono quelli di “indebita compensazione, dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, ai danni dell’Erario”.
Da questa mattina diverse testate on line stanno riportando notizie lesive dell’immagine e della reputazione dell’Università degli Studi Link. Si tratta degli sviluppi di un’indagine legata a fatti avvenuti prima dell’estate del 2020, quando la Link Campus University aveva un’altra governance e un altro management.
Da oltre tre anni a questa parte la Link ha un nuovo presidente, un nuovo rettore, un nuovo direttore generale, un nuovo cda e un nuovo senato accademico. Sono pochi, però, gli organi di stampa che lo ricordano.
La ‘confisca di conti correnti e beni per il valore totale di 24 milioni di euro’ non riguarda l’Ateneo, che non è stato raggiunto da alcuna richiesta o da alcun provvedimento da parte degli organi inquirenti. L’Università degli Studi Link è dunque parte lesa per il grave danno di immagine che le notizie, così come sono state riportate, stanno producendo.