Visitazione del Dramma Contemporaneo, Nicholas Tolosa espone alle Scuderie di Villa Favorita ad Ercolano.

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Si inaugura domenica 5 febbraio alle ore 18.30 la mostra di Nicholas  Tolosa Visitazione  del Dramma Contemporaneo con il contributo critico di Sabrina Pugliese e con il Patrocinio del Comune di Ercolano e dell’ Osservatorio Comunicazione  Partecipazione  Culture Giovanili (OCPG) dell’ Università di Salerno presso Le Scuderie di Villa Favorita si potrà visitare la mostra fino al 19 febbraio 2017.  Come dice Sabrina Pugliese : “Lineamenti duri e occhi sbarrati, visi lignei e sguardo malinconico, questi sono i volti dei dipinti di Nicholas Tolosa, giovane ed emergente artista del salernitano (Eboli), tra l’altro insegnante di disegno e storia dell’arte. Questo è lo scenario della mostra in allestimento che racchiude la produzione artistica di Tolosa dal 2009 al 2015. Un’apparente fotografia che deturpa i volti per poterli rielaborare secondo una visione umana e non meccanica. Qui non sono disegnati volti michelangioleschi, non c’è la perfezione anatomica della Pietà vaticana eppure la drammaticità incombe sonora sulle menti degli osservatori. Visitare l’altro, prestargli ascolto ed attenzione, a questo ci invita Tolosa. Nell’inarrestabile società di massa, la visitazione è ormai l’unica forma di conoscenza, perché soltanto vis à vis non si può evitare il confronto con l’altro, con il diverso, con l’ignoto. Perché ciò che è misterioso ci mette alla prova e l’uomo moderno, così fragile e smarrito, ha paura di perdere anche quei pochi punti di riferimento a cui può ancora aggrapparsi. Eppure Tolosa, acutamente, spinge l’occhio dell’osservatore verso lo sguardo altrui, o meglio, è il soggetto ritratto che cattura l’attenzione dell’altro. Non ci resta che la visitazione come forma di conoscenza, l’unica possibile, l’unica che non può escludere l’ammirazione del volto umano. Quindi, visitare vuol dire agire, porre il proprio segno nel mondo, mediare tra me e l’altro. Tramite la diversità finora ignorata, il soggetto pensante può ricollocarsi nel sistema della società, ridefinire la sua identità, e, dunque, in sostanza, autoriconoscersi così come fa Tolosa nel suo acrilico su tela del 2011, “Autoritratto”. Quest’opera non sarà esposta nella mostra di riferimento ma è segno del profondo lavoro che l’artista ha fatto innanzitutto su se stesso prima che sugli altri. Se non si è capaci ma, soprattutto disposti, a guardare dentro se stessi, come si può pretendere di entrare in confidenza con l’altro? Appunto, la con-fidenza presuppone una fiducia condivisa che può avvenire solo nell’ambito della collettività. L’uomo è un essere sociale. Questo continua a ribadire Tolosa, perciò non può più tollerare le aberrazioni e, ancor di più, le emarginazioni sociali nel XXI secolo. Non possiamo fare a meno del contatto con l’altro, per questo qui non si rinnega l’idea di collettività ma la formalità dei rapporti, le convenzioni sociali, la mancanza di autenticità umana. La percezione della realtà è intus, dentro di noi, quindi, intima. Tolosa non sperimenta lo stato di trans tipico, ad esempio, di Pollock ma fa in modo che lo shock sia riversato sull’osservatore. È lui che deve rielaborare e riflettere. Questa non è un’arte di massa, non la si può riprodurre in serie, meccanicamente, non rende immediatamente il senso del bello, perché la bellezza è da ricercare prima negli occhi del soggetto osservato e poi in quello osservante. Il fil rouge di questa mostra è il nosce te ipsum, conosci te stesso senza dimenticare l’altro, il diverso in rapporto anche al trascorrere del tempo. Anche il mio Io passato è diverso rispetto all’Io presente. L’analisi sulla realtà è però impietosa perché drammatica è l’esistenza stessa. Tolosa non si limita a rappresentare ma desidera ardentemente denunciare. Non è propriamente un artista militante ma, con i suoi mezzi, vuol scuotere gli animi contemporanei. La finalità non è far politica ma agire sul mondo e, innanzitutto, agire nel proprio e sul proprio frangente esistenziale. Egli dipinge per vivere. Un inno artistico non troppo diverso da quello ermetico di Carlo Bo, “la letteratura come vita”. Una mente pensante non discerne vita e arte ma le assembla in modo inestricabile. Pertanto, quello messo in scena, allestito, non è soltanto un dramma fittizio ma il dramma della vita. Etimologicamente il dramma significa azione e non si può vivere senza incidere un segno sulla propria epoca. Tolosa l’ha fatto, ha agito, ha sofferto, ha riflettuto insieme alle sue stesse creazioni. Il forte impatto creato dalla produzione tolosiana è reso soprattutto da una scelta netta e coraggiosa, l’uso esclusivo del bianco e nero. Una scelta stilistica necessaria per dare tatto alla sofferenza umana. Si tratta della stessa gamma cromatica della “Guernica” picassiana, uno scenario di guerra, di brandelli umani, di penitenze ingiuste. In questi casi, più del rosso vivido del sangue, “l’apatia” dei colori-non colori (il bianco e il nero) rende l’insensatezza delle azioni degli uomini. L’alternanza tra bianco e nero è metafora della dicotomia tra bene e male che sussistono per antitesi. Questa scelta stilistica è quella che più si avvicina allo scatto fotografico per immortalare pensieri e non soggetti, azioni e non immagini. Anziché scomporre in figure geometriche quelle umane, Tolosa, a differenza di Picasso, ha deciso di essenzializzare le forme, di sintetizzare i tratti del volto per dare espressione soltanto ai sentimenti, per lo più sgomenti. Sono le pulsazioni del cuore, le angosce umane a dipingere su tela quelle linee che poi prendono forma nella complessità della mostra. Una svariata gamma di colori pastello poteva essere più appropriata per dare tocchi di vivacità alle scene del divertissement francese nei dipinti impressionisti, invece, nelle immagini tolosiane, un terzo colore potrebbe persino sembrare fuori luogo, superfluo”.

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