Parlamento Ue vota stop ad auto a benzina e diesel dal 2035, ma l’Italia non ci sta.

epa06759358 The exhaust pipe of a passenger car in Bremen, northern Germany, 24 May 2018. Starting on 31 May, the northern German city of Hamburg is the first city to prohibit traffic for Diesel cars on two major roads in the city centre. EPA/FOCKE STRANGMANN
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“Una decisione folle e sconcertante” per il governo italiano. Ma da tempo “attesa” dall’automotive.

L’addio dell’Europa ad auto e furgoni nuovi a benzina e diesel dal 2035 – suggellato dal voto finale della plenaria del Parlamento europeo dopo una lunghissima trafila legislativa – è diventato ormai incontrovertibile, scatenando l’ira del vicepremier Matteo Salvini. Che dal suo account di Instagram ha attaccato Bruxelles, tacciandola di una decisione mossa da “ideologia, ignoranza o malafede?”, che va “contro le industrie e i lavoratori italiani ed europei, a tutto vantaggio degli interessi cinesi”. Eppure, nel frattempo, è stata la stessa Commissione europea a spingersi ancora più là, con una nuova proposta per i trasporti e l’energia che muove ora i suoi primi passi: dal 2030 anche gli autobus dovranno essere a emissioni zero e per i camion ci sarà un taglio del 90% delle CO2 entro il 2040.

La rivoluzione dell’automotive – già licenziata dallo stesso Europarlamento sul finire dell’ottobre scorso e dai governi europei in un negoziato da guinness dei primati durato diciassette ore nell’arena di Lussemburgo a giugno 2022 – nella visione dell’Ue segna un passo decisivo per portare il Continente sulla via delle emissioni zero nel 2050. E i punti tracciati restano invariati: lo stop a benzina e diesel per auto e furgoni nuovi sarà nel 2035, con un target intermedio al 2030, termine entro il quale i costruttori dovranno ridurre del 55% le emissioni delle nuove auto immesse sul mercato e del 50% quelle dei nuovi veicoli commerciali. L’unico appiglio per una possibile revisione resta allora la roadmap per il monitoraggio di Bruxelles, che entro il 2025 presenterà una metodologia per valutare e comunicare i dati sulle emissioni di Co2 durante tutto il ciclo di vita delle auto e dei furgoni venduti sul mercato continentale e nel 2026 valuterà anche la possibilità di mantenere motori ibridi o che utilizzano gli ecocarburanti (e-fuels).

Obiettivi comunque da completa “eurofollia” per la compagine di governo, che dai banchi di Strasburgo ha espresso compatta la sua opposizione con il voto contrario di tutti gli eurodeputati di Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega. Anche se, ha fatto notare sul fronte opposto il capodelegazione del Pd, Brando Benifei, “i rappresentanti del governo italiano al Coreper (al tavolo degli ambasciatori Ue, ndr) avevano dato il via libera al testo dell’accordo”. La contrarietà della maggioranza di governo non è tuttavia bastata a cambiare il corso degli eventi: gli eurodeputati – pur divisi al loro interno e con l’asse tra Socialisti e Popolari ancora una volta sgretolato – hanno votato sì con 340 voti a favore, 279 contrari e 21 astensioni. Confermando un provvedimento che all’Italia sorride soltanto per la deroga di un anno concessa ai produttori di auto di lusso della Motor Valley come Ferrari, Lamborghini e Maserati.

Incassato l’infausto verdetto ora il governo deve correre ai ripari con una “exit strategy” già disegnata dal ministro per l’Ambiente Gilberto Pichetto. Le direttrici da seguire sono, nelle sue parole, due: “una maggiore gradualità nello stop alla commercializzazione dei veicoli” e “spingere al massimo nella produzione dei biocarburanti, che rappresentano una filiera pulita che consentirebbe di mantenere l’attuale impostazione del sistema produttivo dell’automotive”. Un modo anche per salvare quei posti di lavoro finiti al centro anche di un tavolo tra il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, con Stellantis. E che restano in cima alle priorità anche per tutto il comparto che, negli auspici dell’Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica (Anfia), resta aggrappato all’appiglio delle possibili revisioni intermedie Ue, a partire dal 2026. Nel frattempo però Bruxelles ha già rilanciato, giocandosi il carico da novanta sui mezzi pesanti: anche i bus cittadini dovranno essere a zero emissioni dal 2030 e per i camion le emissioni di CO2 dovranno scendere in modo progressivo del 45% nel 2030, del 65% al 2030 e del 90% al 2040. Una rivoluzione appena agli inizi.

“L’Italia è in ritardo” sulla transizione nel comparto auto e dobbiamo “accelerare sguli investimenti” ma i “tempi e modi che l’Europa ci impone non coincidono con la realtà europea e soprattutto italiana”.

Lo afferma il ministro dell’Industria e del Made in Italy Adolfo Urso a ‘Radio anch’io in merito allo stop della Ue a veicoli con motori termici nel 2035.

“Non possiamo affrontare la realtà con una visione ideologica e faziosa che sembra emergere dalle istituzioni europee”. (ANSA).

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