di Dario Tiengo – Piero Fassino, 68 anni, piemontese, è una delle figure più presenti e importanti della sinistra italiana. Dieci anni fa fu fra i fondatori del Pd. Un percorso politico ricco e lungo (vedi biografia) che attraversa la storia della sinistra degli ultimi cinquant’anni. E’ stato al fianco di Renzi fin dall’esordio del segretario del Pd e anche in questo ultimo periodo dove con convinzione e caparbietà ha lavorato per allargare l’alleanza di centrosinistra, nonostante le difficoltà a mettere insieme partiti e movimenti che, nella tradizione della sinistra italiana, tendono più ad affermare le diversità che non i punti in comune. Recentemente è anche uscito il suo ultimo libro “PD davvero”. Lo abbiamo incontrato a una serata di presentazione tenutasi a Milano nei giorni scorsi.
‘Pd davvero’, questo libro è un punto di partenza o di arrivo? E’ un momento particolarmente difficile. C’è chi dice siano venute meno le ragioni che vi avevano spinto alla fondazione del Pd dieci anni fa. Che ne pensa?
Ho scritto questo libro con un obiettivo: fare una riflessione sul partito democratico, non retrospettiva, guardando alle sfide che il Pd ha davanti. La mia risposta alla sua domanda è che le ragioni che ci spinsero a fondarlo non solo sono ancora valide, ma sono persino più attuali di dieci anni fa.
In che senso?
Quando abbiamo fatto il PD eravamo consapevoli che il passaggio a un nuovo secolo ci obbligava a misurarci con grandi cambiamenti, nuove sfide. Se guardo ai dieci anni che abbiamo alle spalle questi cambiamento sono stati ancora più rapidi di quanto pensassimo. Abbiamo fatto il Partito Democratico perché pensavamo che il paese avesse bisogno di una grande forza politica capace di avviare una fase di rilancio, di rinascita. Oggi l’Italia rischia di essere preda o del populismo dei 5 stelle o di un centrodestra prigioniero di Salvini. Per queste ragioni un partito riformista che guidi il paese nel momento in cui si esce dalla crisi è una necessità ancora più forte.
Quindi le ragioni per cui avete fondato il Pd sono ancora tutte valide?
Esattamente, e da qui il titolo del libro “Pd davvero” che significa riprendere l’ispirazione originaria che ci ha mosso: guidare l’Italia in una fase di cambiamento attuando riforme, esprimendo profonda capacità di innovazione.
Negli ultimi 100 anni essere di sinistra ha voluto dire essere dalla parte del popolo, raccogliere le sue esigenze combattere per migliorarne condizioni di vita. In Italia e in Europa il popolo o gran parte di esso non vota più a sinistra. E’ già accaduto negli anni venti e trenta del novecento. Secondo lei quali sono le ragioni?
Dovunque si manifesti la crisi del rapporto tra l’opinione pubblica, la politica e le istituzioni assistiamo a un orientamento verso forme populiste, verso la destra. La prima ragione sta nei dieci anni di crisi che abbiamo sulle spalle. Infatti non è un fenomeno solo italiano. E’ un fenomeno che riguarda tutto il mondo. Trump ha vinto negli Stati Uniti. In Austria, in Olanda abbiamo visto la destra avanzare, come anche in Germania, in Francia. Anche dove non ha vinto ha raccolto milioni di voti. In Gran Bretagna c’è stata la Brexit…
Quindi fondamentalmente è colpa della crisi…
La crisi economica e sociale ha aperto ferite profonde, ha prodotto una frattura che ha attraversato tutte le società occidentali. Una frattura tra chi ha incluso e cioè chi, nonostante la crisi, è riuscito a mantenere la sua posizione di lavoro e chi, invece, ha visto la sua situazione lavorativa-economica fortemente in discussione. E si è sentito escluso.
Dunque l’esclusione come motore della risposta a destra. Ma l’effetto della globalizzazione è anche quello di ridisegnare la politica e l’economia. E tra gli effetti vi è anche la marginalizzazione delle vecchie élite, compresa quella dei politici, creandone di nuove. Che ne pensa?
La globalizzazione ridisegna il mondo, ridisegna il rapporto economico tra le aree di mercato, ridisegna il rapporto di competitività tra le imprese e tra le economie. Ridisegna la geografia del mondo nel momento in cui si affermano nuovi grandi paesi produttori come Cina e India e altri paesi emergenti. La geografia dell’economia mondiale cambia e cambia producendo contraddizioni che poi si scaricano sui diritti.
Che deve fare il Pd, per davvero?
Uno dei punti che la sinistra ha innanzi a sè è avere una strategia alternativa alla globalizzazione. Sarebbe velleitario dire “fermo la globalizzazione”. Voler fermare un processo economico, sociale e politico come la globalizzazione equivale a fare come quegli indiani che pensavano di fermare il treno con le frecce. Detto questo però occorre dare una guida alla globalizzazione, darle un verso, qualcosa che non sia soltanto la globalizzazione dei mercati e delle monete. C’è anche la globalizzazione dei diritti, della democrazia e delle opportunità. Questa è la grande sfida della sinistra oggi
In questo periodo lei è stato un po’ il ‘cardinale Mazarino’ (vedi bio ndr) del Pd. La ricerca continua e determinata delle alleanze le ha fatto incontrare tanti protagonisti della sinistra italiana. Che opinione si è fatto?
Ho potuto constatare che il sistema politico è diventato più fragile. La crisi che attraversa la società si riverbera anche su chi la rappresenta, cioè i partiti. Siamo di fronte a un indebolimento di tutte le forze politiche e non solo. La tendenza riguarda tutte le forme di rappresentanza, quindi i partiti ma anche sindacati, associazioni di categoria e altre forme della rappresentanza.
Una crisi economica e sociale che diventa anche crisi della democrazia?
Esattamente. Il Pd, a partire dall’analisi che ho fatto, ha preso atto che c’è una crisi della democrazia rappresentativa. Anche la democrazia deve essere rivisitata e reinventata. La democrazia rappresentativa che abbiamo costruito è stata realizzata in un epoca in cui globalizzazione e internet non c’erano. Siamo chiamati a una riflessione che guardi avanti.
Torniamo all’alleanza di centrosinistra e ai suoi contatti di quest’ultimo periodo…
In queste settimane in cui ho cercato di costruire la coalizione di centrosinistra, ho potuto constatare quanto il sistema politico sia più fragile che in passato. La conseguenza è che c’è maggiore difficoltà a proporsi agli elettori come coalizione. Continuo a pensare, comunque, che vi sia bisogno di un centrosinistra forte, di una coalizione credibile. Dobbiamo essere consapevoli che le alternative sono 5 Stelle o Berlusconi, che tra l’altro è prigioniero di Salvini. Abbiamo bisogno di un centrosinistra forte, di una coalizione che intorno al Pd sia capace di costruire come una proposta politica per i cittadini
Lavoro non facile. Ultimamente sembra che per essere di sinistra sia necessario essere contro Renzi. O no?
Assolutamente no. Penso che sia un grande errore. Guardiamo ai fatti. La legge sulle unioni civili, che ha fatto il governo Renzi, è una scelta di destra o di sinistra? La legge sul ‘dopo di noi’, a favore delle tante famiglie che hanno in casa una persona portatore di handicap e si chiedono cosa succederà ai loro figli quando loro non ci saranno più, è legge di destra o di sinistra. Ma parliamo anche del jobs act, che come tutte le leggi può essere anche criticato o corretto, ma un milione di posti di lavoro sono stati creati. Questo è di destra o di sinistra? Parliamo poi del reddito di inclusione per sostenere coloro che sono in una situazione di disagio ..
Quindi si può essere di sinistra e a fianco di Renzi?
Francamente vedo nei confronti di Renzi un pregiudizio. Una parte della sinistra che ha deciso di dar vita alla scissione dal Pd lo ha fatto sostanzialmente non accettando l’idea che Renzi potesse guidare il Partito Democratico e non accettando l’idea che il Pd potesse diventare un grande forza di innovazione e di riforme
Oltre al pregiudizio verso Renzi vi è forse anche un atteggiamento conservatore, legato alla vecchia identità, non crede?
Le forme della politica non sono dei monumenti di piombo! Anche le forme della politica devono essere capaci di evolvere, per essere in sintonia con la società che hanno l’ambizione di rappresentare