Sacconi (Energie per l’Italia): età pensionabile, economia, lavoro e occupazione “Hanno buttato 20 mld dalla finestra”

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da Tribuna Politica Web

“Sarebbe giusta una misura di rallentamento del passaggio dell’età a 67 anni per le donne, in particolare per quelle di una generazione già adulta all’atto dell’approvazione della legge Fornero”

Tavolo Governo- Sindacati su innalzamento età pensione  “Si sono infilati in una discussione che non può condurre a soluzioni eque e largamente accettate: quelle di lavori che avrebbero aspettative di vita diverse”

“L’obiettivo è di rendere liquido il nostro patrimonio e far affluire liquidità alle imprese, ricreando una solidarietà fra generazioni. In pratica: vecchi che possiedono e giovani che intraprendono”

“Vorrei un rinnovato centrodestra che riesca parlare a molti di coloro che sono rimasti a casa,  nel voto siciliano sono la maggioranza, e molti di coloro che hanno votato per i grillini”

 

di Dario Tiengo – Maurizio Sacconi, Presidente della Commissione Lavoro e Previdenza del Senato, veneto di Treviso, è una delle voci politiche più autorevoli sui temi del lavoro e  delle pensioni. Recentemente ha aderito al movimento Energie per l’Italia fondato da Stefano Parisi. Dopo le ultime polemiche su pensioni e occupazione ha concesso a tribunapoliticaweb.it e alla nostra rete RQLnetwork un’intervista esclusiva.

Presidente Sacconi, il vice direttore generale di Bankitalia, Signorini, ha dichiarato che sulle pensioni non si devono fare passi indietro perché sono cruciali per i conti e per la sostenibilità degli stessi. Lei che ne pensa?

Da quando è stata approvata la legge Fornero sono stati varati provvedimenti in deroga ad essa che hanno comportato impegni di spesa per circa 20 mld di euro. Non ho sentito adeguate reprimende da parte delle stesse autorità. Tra l’altro questi impegni di spesa invece di introdurre flessibilità ragionevoli per tutti hanno accentuato la percezione di incomprensibili favori a singoli segmenti sociali.

Si discute anche intorno alla possibilità di una deroga, da parte del Governo, a Giugno 2018 dello scatto dell’innalzamento dell’età …

Il governo rifiuta una misura generalizzata di rallentamento dell’aumento dell’età di pensione in rapporto all’aspettativa di vita. Nel corso degli anni sono stati presi impegni aiutando giornalisti, bancari, ben otto categorie di esodati anche a distanza di tempo dall’approvazione della riforma. Si sono inventate categorie discutibili, che non hanno alcuna base scientifica come, ad esempio, i lavoratori che avrebbero praticato “lavori gravosi”, cosa diversa dai certificati lavori usuranti. Si è segmentato incomprensibilmente il mercato del lavoro e allo stesso tempo è stata compiuta una scelta  molto penalizzante nei confronti delle donne.

In che senso?

Le donne sono quelle che hanno avuto l’innalzamento più drastico dell’età della pensione di vecchiaia e sono quelle che, per percorsi di lavoro discontinui, dovuti spesso a ragioni di famiglia, non possono anticipare l’età di vecchiaia perché non hanno una sufficiente anzianità contributiva. Sarebbe giusta una misura di rallentamento del passaggio dell’età a 67 anni per le donne, in particolare per quelle di una generazione già adulta all’atto dell’approvazione della legge Fornero

Cosa prevede rispetto al tavolo sindacato–governo su questo tema?

Si sono infilati in una discussione che non può condurre a soluzioni eque e largamente accettate: quelle di lavori che avrebbero aspettative di vita diverse. L’Istat spiega che è un calcolo molto complicato e che dovrebbe combinarsi con gli anni di lavoro effettivo in quei lavori.

Esiste una soluzione possibile?

Credo sia un esercizio sostanzialmente impossibile. Quando si decidono provvedimenti che riguardano un diritto così sensibile, come quello all’accesso alla prestazione previdenziale, si deve procedere per grandi categorie, al netto dei lavori usuranti che hanno una base largamente discussa esaminata e condivisa.

I dati sul lavoro e la ripresa  confermano una fase positiva, anche se non ancora consolidata…

Non credo si possa parlare di una fase positiva. Abbiamo avuto una modesta crescita su base annua degli occupati, ma il mercato del lavoro italiano rimane agli ultimi posti tra i paesi industrializzati per capacità di includere le persone nel mercato del lavoro. Larga parte del miglioramento del mercato del lavoro è dovuto agli over 50. Sembrerebbe che abbia agito più la riforma Fornero che non il jobs act. Quindi, i quasi 20mld che registreremo a consuntivo per gli incentivi, per i contratti a tempo indeterminato, sono stati soldi buttati dalla finestra.

E’ un giudizio molto severo. Quali le ragioni?

Molto semplicemente  perché al massimo hanno anticipato delle decisioni che le imprese avrebbero comunque assunto. Non hanno determinato un miglioramento del nostro mercato del lavoro, tanto che ora siamo ritornati a processi di ingresso nel mercato del lavoro attraverso contratti a termine.

Si parla sempre di più di mondo 4.0. Il mondo del lavoro cambia, cambiano le modalità e i rapporti. Prendiamo ad esempio le partite iva. Quanto sono importanti e quanto dovrebbero essere più facilitate secondo lei?

Nella nuova fase che stiamo vivendo credo si debba innanzitutto constatare come i lavori tendano ad avvicinarsi fra loro perché caratterizzati sempre più dal risultato della prestazione. Un tempo il lavoro subordinato era essenzialmente caratterizzato dall’orario di lavoro e dalla durata del rapporto di lavoro. Aveva un vincolo spazio-temporale, mentre il lavoro autonomo si caratterizzava per l’assenza di questo vincolo ed era giudicato “a risultato”. Ora tutti i lavori sempre più sono, e saranno, giudicati in base ai risultati. C’è comunque un punto centrale.  Tutti i lavori sono oppressi da un eccessivo carico fiscale a cui non corrispondono prestazioni o servizi adeguati. Quindi tanto per le partite iva, quanto per il lavoro subordinato, quanto per altre modalità di lavoro indipendente, il problema principale è quello di ridurre il carico fiscale

Lei viene da una lunga e importante storia politica. Recentemente ha scelto di aderire a Energie PER l’Italia. Uno degli elementi fondanti che il movimento sottolinea è il liberalismo popolare. La cultura liberale nel nostro Paese ha sempre fatto fatica a diffondersi. Che ne pensa?

Essere liberali e popolari  vuol dire riconoscere il primato della società sullo Stato e riconoscere come la nostra esperienza economica è stata quella di un capitalismo popolare e famigliare. La nostra è sempre stata una vitalità diffusa, siamo stati poco caratterizzati da grandi piattaforme di produzione o da grandi compagnie finanziarie. La crescita dell’italia non può essere affidata soltanto alle imprese più immediatamente dipendenti dalla domanda estera e quindi più organizzate a questo scopo.  L’italia può e deve avere livelli più significativi di crescita ma ha bisogno di rianimare la vitalità diffusa, a partire dall’obiettivo di far tornare liquida la ricchezza della nazione. Questo elemento è molto importante, l’Italia è uno dei paesi al mondo medianamente più patrimonializzati.

E quindi come trasformare il patrimonio in liquidità?

Siamo una società di proprietari di immobili. Se guardiamo agli anni passati, il governo Monti con un grave errore, spostò drasticamente la tassazione sugli immobili, da una condizione di favore a una di grande sfavore. Si è così paralizzato il mercato immobiliare e questo patrimonio delle famiglie e’ diventato illiquido. Abbiamo bisogno di ridurre la tassazione sugli immobili, che siano case, capannoni o negozi, e abbiamo bisogno anche di strumenti finanziari, a misura di popolo, per favorire l’afflusso di liquidità alle imprese  anche attraverso il capitale di rischio.  Penso a modalità come il crowdfunding, uno strumento che darebbe la possibilità di partecipare con piccole quote di risparmio al capitale di imprese innovative.  Si ricreerebbe una solidarietà fra generazioni, tra vecchi che possiedono e giovani che intraprendono.

Dopo il successo del centrodestra in Sicilia, in cui Energie per l’Italia ha avuto ottimi risultati, qual è il suo sogno per le politiche del 2018?

Vorrei un rinnovato centrodestra che riesca parlare a molti di coloro che sono rimasti a casa,  nel voto siciliano sono la maggioranza, e a molti di coloro che hanno votato per i grillini. Gli uni e gli altri evidentemente hanno espresso un malessere che possiamo bene comprendere e giustificare e rispetto al quale l’offerta politica del centrodestra sembra essere rimasta ferma alle sue precedenti esperienze di governo. Nel frattempo, però, il mondo è cambiato radicalmente. Penso anche che il centrodestra debba avere l’ambizione dell’autosufficienza nel futuro Parlamento e debba trovare un comune denominatore centrato su identità e programmi.

Niente accordi di Governo con Pd o altri dunque?

Considero impossibile dopo una campagna elettorale fra coalizioni contrapposte una collaborazione fra di esse e comunque non potremmo mai rompere la coalizione dopo averla formata. Quindi l’autosufficienza deve essere un obiettivo

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