da Piernicola Pedicini, eurodeputato M5S, riceviamo e pubblichiamo
Nonostante le false promesse fatte da Renzi, quando tre anni fa andò a Palazzo Chigi, continuano i colpevoli ritardi della pubblica amministrazione nel pagare le spettanze economiche alle imprese italiane.
A confermare la gravità della situazione è una nota della Commissione europea con cui è stato annunciato che se, entro aprile prossimo, il governo Gentiloni non adotterà le misure necessarie per porre rimedio al problema la Ue potrà decidere di deferire l’Italia alla Corte di giustizia europea. Con un debito nei confronti dei propri fornitori stimato in 65 miliardi di euro, 34 dei quali dovuti ai ritardi di pagamento accumulati in questi anni, la pubblica amministrazione italiana rimane la peggiore pagatrice d’Europa.
Questo ennesimo intervento dell’Europa potrebbe portare il nostro Paese a subire una sanzione della Ue per colpa di un’Amministrazione disorganizzata e scorretta che paga con il contagocce per poter far fronte ai propri problemi di finanza e di cattiva gestione.
La Commissione europea chiede all’Italia di garantire la corretta applicazione della direttiva sui ritardi dei pagamenti (direttiva 2011/7/Ue) e prevenire le perdite per le aziende, in particolare le piccole e medie imprese (pmi). I ritardi di pagamento producono effetti negativi sulle imprese e incidono sulla loro liquidità e sul flusso di cassa, complicando la loro gestione finanziaria e impedendo loro di crescere. Quando i termini di pagamento non sono rispettati, a norma della direttiva le imprese hanno diritto ad un equo risarcimento. Per interrompere la consuetudine di pagare in ritardo, le pubbliche amministrazioni possono svolgere un ruolo particolarmente importante fornendo l’esempio e pagando i loro fornitori tempestivamente e in modo trasparente.
I provvedimenti della Commissione, oltre all’Italia, potrebbero colpire, per gli stessi motivi, anche la Grecia, la Slovacchia e la Spagna.
Va evidenziato che da gennaio 2013 la legge stabilisce che il pubblico debba pagare entro 30 giorni, salvo non sia un’azienda sanitaria che allora lo può fare entro 60, queste disposizioni però continuano a essere spesso disattese, con ricadute molto pesanti soprattutto per le piccole imprese che dispongono di un potere negoziale molto limitato nei confronti degli enti pubblici. Secondo una ricerca, la pubblica amministrazione italiana impiega mediamente 131 giorni per saldare quanto dovuto.