Il Rapporto sulla ricchezza immobiliare e il suo ruolo per l’economia italiana di Gualtiero Tamburini – presentato a Roma da CONFEDILIZIA e ASPESI – approfondisce, sulla base dei dati statistici ufficiali, lo stato della ricchezza immobiliare del Paese e come questa influisce sull’economia italiana.
A fronte di una produzione diretta complessiva di 424,121 miliardi di euro nel 2020, le due branche Costruzioni-Immobiliare hanno generato assieme, sull’intera economia, un impatto diretto e indiretto complessivo di 708,936 miliardi di euro di produzione, ai quali si possono aggiungere altri 211,083 miliardi di euro di indotto, per un ammontare finale di produzione di 920 miliardi di euro. Esso costituisce il 30,2% del valore di tutta la produzione italiana ai prezzi base; analoga percentuale di impatto delle due branche assieme la possiamo osservare anche con riferimento alle altre variabili misurate, ovvero: occupazione con il 29,7%, valore aggiunto con il 30% e PIL con il 27,09%. Si può concludere che il 30% è l’ordine di grandezza della dimensione delle attività immobiliari nell’economia del Paese.
Il dato, però, che emerge ora come più rilevante è che questa ricchezza patrimoniale ed economica è drasticamente calata nel periodo 2011-2020. A ciò hanno concorso una serie di fattori che, principalmente, vanno dall’aumento della tassazione, alla riduzione degli investimenti, alla diminuzione dei prezzi degli immobili.
La perdita, per il solo patrimonio abitativo, è di oltre 530 miliardi di euro nominali che, in moneta 2020, equivalgono a 980 miliardi di euro. La cifra sale a 1.137 miliardi di euro considerando anche gli immobili diversi dalle abitazioni (ma la perdita arriverebbe addirittura a raddoppiarsi qualora si prendessero a riferimento le sole variazioni dei prezzi).
Questo dato negativo incide sia sul valore aggiunto, per via del minor reddito locativo che gli immobili producono, sia sulla minore propensione al consumo delle famiglie. Inoltre, poiché il patrimonio immobiliare d’ogni tipo costituisce l’infrastruttura fisica che ospita le attività delle famiglie e delle imprese, se questo non viene continuamente gestito, rinnovato e mantenuto, le conseguenze si vedono poi in termini di minore produttività e benessere generale (si pensi all’impronta ecologica determinata dai consumi energetici degli edifici).
Si pone così il tema di rilanciare l’investimento immobiliare e in particolare quello delle famiglie dato che, storicamente, i tre quarti degli investimenti in costruzioni sono effettuati da privati, la maggioranza dei quali direttamente dalle famiglie. Questo non può che avvenire restituendo alle stesse famiglie la fiducia (spesso incrinata da scelte contrarie) così che esse possano essere indotte a tornare ad investire in immobili l’ingente liquidità accumulata anche durante l’attuale fase.