Nel 1993 cominciai a lavorare al progetto fotografico di un libro ‘Trentuno napoletani di fine secolo’, pubblicato da Electa Napoli nel 1995, incentrato su importanti uomini partenopei; io mi sarei occupato appunto delle immagini, la giornalista Giuliana Gargiulo, invece, si sarebbe dedicata alle interviste.
Uno degli artisti su cui focalizzammo l’attenzione era il mitico attore Pietro De Vico, che andammo a trovare nella sua casa di Roma.
Fin da piccolo aveva “respirato” Bellezza; nonno musicista, padre amante del teatro, zio professore di musica, per cui era naturalmente approdato alla recitazione.
Esponente di spicco del teatro napoletano, macchiettista, caratterista dalla rara capacità di resa mimica, indimenticabili le sue notevoli interpretazioni comiche del balbuziente, a soli sei anni aveva debuttato con il geniale Eduardo Scarpetta, per poi creare con i suoi due fratelli, Antonio e Mario, la compagnia i Trio De Vico e proseguire una carriera straordinaria nella prosa impegnata.
Ci accolse la moglie Anna Campori, cantante di operetta e bravissima attrice con cui Pietro ha condiviso tutta la sua vita, ben 62 anni di matrimonio, molti successi teatrali e televisivi e tanto avanspettacolo.
Celebri i loro personaggi nella serie televisiva per ragazzi ‘La nonna del corsaro nero’, in onda tra il 1961 e il 1966, in cui lui vestiva i panni del balbuziente e pauroso nostromo Nicolino e lei quelli di Giovanna.
La stessa Anna era figlia d’arte, entrambi i genitori attori, aveva debuttato nella compagnia teatrale paterna.
Entrammo in un grande salone arredato con bellissimi mobili antichi, ci sedemmo, e lei, con un grande sorriso stampato sul viso, ci portò un buonissimo caffè.
Dopo poco entrò il grande attore, anche lui con uno straordinario sorriso che ispirava simpatia. Quell’espressione la conoscevo bene perché l’avevo vista in televisione nei suoi innumerevoli film e commedie con Eduardo, Totò, Macario, Anna Magnani, e con tutti i più grandi artisti del tempo.
De Vico ci raccontò molti episodi della sua lunga carriera artistica: dall’inaugurazione dei tre canali televisivi, il primo nel 1954 a Milano, il secondo a Roma e il terzo a Napoli, ai titanici registi che lo avevano diretto, Eduardo, Antonio Calenda, Steno e Mario Monicelli, Aldo Fabrizi, Vittorio De Sica, Lina Wertmüller, Monica Vitti.
Ci parlò dell’immenso Totò, che sul set cedeva anche ad una semplice comparsa la sua sedia con la scritta “Principe”, e poi disse che per lui Napoli era il paradiso, che della sua città conosceva ogni vicolo, dal primo all’ultimo, e che era proprio lì che avrebbe voluto riposare alla fine della sua vita.
Nel soffermarsi sul racconto di questo suo grande amore, si avvertiva la grande nostalgia che aveva per la sua città; un velo di malinconia offuscò per un attimo il suo sguardo, ma, al contempo, i suoi occhi brillarono e, dopo un’istante, quel sorriso inconfondibile riapparve sul suo viso.
Dal modo di parlare e dai suoi gesti trasparivano la sua bontà e una grande umiltà, dote che appartiene solo ai grandi protagonisti.
Poi si alzò, camminava con l’aiuto di un bastone a causa di un ictus, che aveva avuto di recente, e mi fece vedere dei cartelloni con il suo ritratto; fu allora che mi venne l’idea di utilizzarli per una delle foto che realizzai con una polaroid, che subito dopo manipolai.
Feci anche altri scatti in bianco e nero, ma poiché lui era stanco ed affaticato, capii che forse sarebbe stato meglio non insistere e, dopo un abbraccio affettuoso, andammo via.
Io e Giuliana eravamo emozionati e commossi per la semplicità e l’umanità di quel grande interprete che, con il suo talento ha contributo a diffondere l’Arte napoletana nel mondo.