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Sono sempre stato un grande ammiratore, un fan sfegatato delle sue trasmissioni: Alto gradimento, L’altra domenica, Quelli della notte, Indietro tutta, e quando andai a Roma per fotografarlo non mi sembrava vero ed ero molto emozionato. Renzo Arbore non ha mai sbagliato un colpo, inventando un modo sempre nuovo per intrattenere gli spettatori; forse il più grande showman italiano, un vero mito.
Aprì la porta sfoderando un grande sorriso a 360° che immediatamente mi fece sentire come un suo grande amico. Era quello il suo segreto, il suo carisma: la capacità di diventare subito familiare a chiunque.
Con un’espressione compiaciuta mi disse: “Ciao, oggi è un giorno fortunato, mi porti a casa un po’ dell’amata Napoli”.
Entrai e rimasi stupito. Sembrava un negozio di oggetti vintage dove regnavano souvenir, plastica e colori sgargianti. In un mobile verde a scaffali decine di cappelli e in fondo alla stanza un piccolo palco, un teatrino casalingo, su cui erano disposti vari strumenti: era lì che Renzo e i suoi amici musicisti provavano i nuovi brani musicali. Insomma una casa luccicante per un uomo brillante.
Avrei potuto realizzare in quel contesto una quantità enorme di scatti, pieni di informazioni e dettagli stravaganti, ma decisi invece di rappresentarlo in maniera più sobria ed essenziale dove il suo sguardo ammiccante, capace di sedurre all’istante e il suo strumento preferito, il clarinetto, diventassero gli elementi fondamentali e centrali dell’immagine.
Renzo mi chiese cosa avrebbe dovuto indossare ed io lo tranquillizzai: andava bene così come stava.
Dopo l’ardua impresa di aver trovato finalmente uno scorcio di parete libera, posizionai la mia luce e scattai.
Lui era talmente abituato a stare dietro un obiettivo che, se ricordo bene, i miei scatti furono non più di tre, ma già il primo era quello buono.
Dopo un bel caffè premio, cominciò a raccontarmi di essersi laureato in Giurisprudenza a Napoli e che aveva molto amato la zuppa di soffritto, il musso, i taralli con il pepe e i crocchè.
Poi mi disse che alcune delle sue passeggiate preferite le faceva a San Sebastiano, alle botteghe di strumenti musicali.
Gli chiesi, allora, se si sentisse più foggiano o napoletano e lui mi rispose:
“Mi sento parte foggiano e parte nopeo”,
sicuramente citando il grande Totò…
“Mi sento parte foggiano e parte nopeo”,
sicuramente citando il grande Totò…