L’Acqua. Un bene sempre più prezioso.

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di Angelo Ionta

L’Acqua è sempre più un bene primario, sempre più una risorsa strategica. L’inquinamento, il surriscaldamento terrestre, il suo utilizzo sempre maggiore in agricoltura e nell’industria e l’aumento esponenziale della popolazione mondiale cominciano a mostrare le “crepe” del sistema idrico mondiale. Come ora, anche nel passato l’oro blu è sempre stato fattore di potenza; basti pensare che la parola “rivale” deriva dal latino “rivalis”: colui che per irrigare i propri campi divide con altri l’acqua di un fiume (rivus). Oggi non c’è solo l’accaparramento della terra per insediamenti e per uso agricolo, il land grabbing, ma anche e sempre più l’accaparramento dell’acqua, water grabbing, diventato oggetto di scontri commerciali, tensioni sociali e guerre internazionali. Tanto più che l’«oro blu» sta diventando un bene molto prezioso: entro il 2030 si stima infatti che nel mondo una persona su due vivrà in zone ad elevato stress idrico. Ora, di questi tempi, sono tante nel mondo le “Organizzazioni” ed “Istituti” vari che seguono lo sviluppo delle crisi legate all’acqua, analizzando conflitti già svolti, future aree di crisi e relativi flussi migratori ad esse legate. La Banca Mondiale ha stimato che nel mondo, negli ultimi 50 anni, si sono verificati oltre 500 conflitti/crisi per il controllo delle risorse idriche. Addirittura, i ricercatori della “Water, Peace and Security Partnership” hanno realizzato (e presentato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite) una mappa globale dove, nell’indicare le future zone di siccità, potrebbero aversi nuove Aree di crisi e conflitti, le Water War.

Il link è: https://www.waterpeacesecurity.org/map, che riporta le future aree di crisi, con una probabilità che avvengano dell’86%. Strumento scientifico per anticipare le mosse politiche nello scacchiere globale, analizza aree di crisi come Afghanistan, Burkina Faso, Camerun, Repubblica Centrafricana, Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Iraq, Libia, Mali, Myanmar, Somalia, Sud Sudan, Sudan, Siria e Yemen, gli stessi paesi che esprimono la maggior parte di migranti verso le zone più verdi del pianeta. Il rischio idrico è una crisi silenziosa, gli esperti poi hanno indicato con il termine “Day Zero” il giorno in cui una qualsiasi città, a causa della perdita al normale accesso alle risorse idriche, si vede costretta attraverso i suoi amministratori ad avviare le pertinenti contromosse. Esempi di città in allarme sono San Paolo in Brasile, Chennai in India e Cape Town in Sud Africa, città dove gli abitanti si ritrovano spesso senz’acqua. Inoltre, si è calcolato che circa 4 miliardi di persone vivono in aree dove rimangono a secco per almeno un mese, mentre altre 1,8 miliardi di persone vivono in zone dove la siccità perdura per circa 6 mesi l’anno. Cosa succede quando l’acqua inizia a scarseggiare? La prima conseguenza è il crollo della produzione di derrate alimentari: grano, mais o riso, alimenti base per molte popolazioni. Sotto la spinta della crescente domanda d’acqua dovuta all’aumento di popolazione e alla crescita industriale e sotto la morsa del cambiamento climatico, l’acqua diventa sempre più fonte di conflitto, bene scarso per cui lottare. I casi studio sono: la siccità che ha colpito la Siria negli ultimi cinquant’anni; la grande siccità del 2016, diffusa su tutto il pianeta e che ha determinato la fame estrema per 50 milioni di persone; la tragedia in Sud Sudan iniziata nel 2017, dove le persone si sono letteralmente uccise a vicenda per la poca acqua rimasta nei pozzi; sino alle proteste in Bolivia e Cile per combattere le privatizzazioni delle risorse idriche nel 2017. È stato realizzato poi un grafico interattivo, chiamato “Cronologia dei conflitti per l’acqua”, dove sono stati riportati le crisi scoppiate in varie parti del mondo a partire dal 1975. Il grafico mostra un crescendo con andamento esponenziale delle varie crisi. Altri grafici, poi, sulla base dei dati forniti dell’UNICEF e della FAO riportano le percentuali di popolazione che è denutrita per mancanza d’acqua potabile. Comunque dei conflitti legati alla siccità, tra il 2000 e il 2009, ne sono stati censiti 94; mentre tra il 2010 e il 2018 ben 263. Se non si inverte questa tendenza, con l’aumentare della popolazione nelle zone povere del mondo (la popolazione africana, stimata oggi in circa un miliardo e 200 milioni di persone, è destinata a raddoppiare entro il 2050) e l’inasprirsi delle conseguenze dei cambiamenti climatici, in futuro sempre più conflitti saranno causati per guadagnare l’accesso all’acqua. Per essere più precisi nella descrizione delle future aree di crisi, legate alla carenza d’acqua, vengono indicati il fiume Indo che alimenta il settore agricolo ed energetico di due nemici di lunga data, India e Pakistan, già teatro di crisi tra i due paesi. In Africa, invece, crescono le tensioni internazionali tra Egitto e l’Etiopia che ha costruito una grande diga sul Nilo azzurro. L’invaso rischia di far precipitare la portata, il regime idrico del fiume Nilo, comportando la diminuzione della portata d’acqua del fiume in Egitto e la correlata diminuzione delle sostanze nutrienti per i terreni da irrigare. In Kenya poi la diga Gibe III sarebbe causa del crollo drastico del livello delle acque del lago Turkana, fonte di sostentamento per decine di etnie nella regione, le quali potrebbero dare avvio ad una serie di guerre tribali per il cibo e l’acqua. Ma un’area tenuta d’occhio dagli esperti di geopolitica internazionale è il bacino idrico del Mekong, considerato il gigante d’Indocina (il cui nome significa “la madre delle acque”), dodicesimo fiume al mondo, si snoda per 4.880 km ed ha una portata di 475 km³ annui. Dall’altopiano del Tibet il fiume attraversa la provincia cinese dello Yunnan, la Birmania, la Tailandia, il Laos, la Cambogia ed il Vietnam, risultando fondamentale al sostegno di oltre 200 milioni di persone che utilizzano la sua acqua per irrigare e pescare. L’abbondanza del fiume ha permesso, per migliaia di anni, il fiorire e lo sviluppo di civiltà. Negli ultimi anni, tuttavia, la costruzione di oltre 39 mega-dighe lungo il suo corso ed il cambiamento climatico ne stanno limitando il regime idrico. Le dighe, in particolare, per l’ecosistema del luogo sono considerate dannose. La Cina ha costruito sette impianti idroelettrici di grandi dimensioni nell’Alto Mekong, mentre altri ventuno sono in programmazione. Nella parte meridionale del bacino ne sono programmate undici, la gran parte in Laos, uno dei paesi più poveri dell’Asia: un boom energetico ma a discapito della pesca, della minore disponibilità di sedimenti necessari all’agricoltura, con probabile trasferimento di larga parte della popolazione che vive sulle sue sponde. Insomma l’acqua è sempre più preziosa. Per l’importanza ad essa attribuita l’ONU ha istituito, nel 1992, la Giornata Mondiale dell’Acqua, da festeggiare ogni anno il 22 marzo. Per ricordare a tutti che la linfa vitale per tutte le società e per l’apparato umano è la semplice H2O.

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