L’erosione delle coste.

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di Angelo Ionta

Lo scorso 21 luglio Legambiente ha radiografato, in maniera impietosa, il fenomeno erosivo che sta interessando le nostre coste, che si estendono per oltre 7.500 km. Suddividendole, parte di esse, circa il 30%, sono “coste alte” (quelle rocciose e frastagliate), il restante 70% è costituito da spiagge sabbiose o ghiaiose, dette “coste basse”, di queste poi 3270 km sono spiagge per la balneazione, proprio quelle più interessate al fenomeno. Infatti, di questi oltre tremila chilometri, quasi il 50% è soggetto a erosione. In 50 anni si sono persi in media 25 metri di profondità (tasso di erosione del 46,4%), per un totale di 40 milioni di metri quadrati di spiagge. Lo studio dell’evoluzione dell’erosione delle nostre coste ha riguardato appunto gli anni che vanno tra il 1970 ed il 2020, portando alla luce le complicanze di carattere ambientale, paesaggistico, economico e sociale legate all’erosione. Le regioni più interessate a questo fenomeno degenerativo sono la Calabria e la Sicilia. Ma quali sono le cause dell’erosione delle nostre coste? Le cause principali sono da attribuire al consumo di suolo prodotto dall’uomo, consumo determinato da: costruzione di edifici, opere infrastrutturali portuali e, addirittura, dalle opere rigide a difesa dei litorali. In soldoni, le costruzioni realizzate sulle coste, tutti i 2.250 chilometri di varie tipologie di opere marittime legate al sistema portuale nazionale, hanno prodotto una profonda artificializzazione del litorale, con conseguente avvio di fenomeni di erosione dovuti in sostanza alla alterazione della naturale dinamica litoranea. A queste cause vanno poi aggiunti, in maniera determinante, i cambiamenti climatici. Si stima infatti che almeno 5.500 chilometri quadrati di territori saranno a rischio inondazione a fine secolo, in quanto ogni due centimetri e mezzo di innalzamento del livello del mare comporterà un metro di arretramento della spiaggia. Una delle soluzioni adottate per ricostruire le spiagge erose è il “ripascimento” (immettere sulla spiaggia da parte dell’uomo ingenti quantitativi di sedimenti, quando naturalmente, attraverso i corsi d’acqua che li trasportano e li depositano, non è sufficiente a bilanciare gli effetti dell’erosione), ovvero, il ripristino delle spiagge con sabbia prelevata dai fondali marini. In Italia tra il 1997 ed il 2011 sono stati 20 milioni i metri cubi di sabbia prelevati a largo e spostati sulle spiagge. Occorre precisare però che il ripristino non è definitivo, ma comporta di tanto in tanto il ripetersi dell’operazione. Nei Paesi bassi il ripascimento appare essere la soluzione dei loro problemi. L’Olanda, che per il 40% della sua superficie è sotto il livello del mare, conosce bene la problematica e quotidianamente la combatte, sapendo bene che i ghiacciai del polo Nord, per il volume che hanno, se si sciogliessero completamente innalzerebbero di 7 metri il livello dei mari. Per questo l’Olanda ha, nella sua struttura governativa, il Ministero dell’economia dell’acqua, con tanto di programma anti alluvioni. Considerato che, secondo le previsioni degli esperti climatici, il livello delle acque del Mare del Nord crescerà sino a quattro metri nei prossimi cento anni, le misure di protezione adottate fino ad oggi non basteranno più. Per questo si è già avviato il programma di prevenzione contro i rischi derivanti dai cambiamenti climatici. Per questo lunghi tratti di mare stanno cambiando aspetto. Si stanno realizzando infatti, a ridosso delle varie dighe, tratti di spiaggia di sabbia larghi oltre 200 metri, come barriere protettive contro l’aumento del livello del mare per il cambiamento climatico. Grandi navi prelevano sabbia a largo, riportandola nell’acqua, per creare la spiaggia, con giganteschi trattori che la spostano e l’appiattiscono. Addirittura, in alcuni punti si stanno realizzando mega progetti turistici. L’acqua sta seriamente minacciando tutta la zona occidentale del paese intorno ad Amsterdam. Le vecchie dighe, alte fino a dodici metri più quattro appena realizzati, non basteranno più e, per questo, bisogna individuare nuove soluzioni, diverse dalla costruzione di dighe e dal loro innalzamento. Ecco che allora arriva l’idea di combattere la forza della natura con la natura stessa, creando dune e spiagge. La barriera protettiva naturale, ecosostenibile ed economica, riesce ad interrompere la forza del mare già a centinaia di metri prima della costa. Inoltre verrà realizzato un paradiso turistico, grazie ai 35 milioni di metri cubi di sabbia, che accresceranno la superficie dei Paesi Bassi di 8 kmq, tutta nuova spiaggia larga oltre 200 metri. Rimini e Riccione cominiano a preoccuparsi, i turisti balneari tra qualche estate potrebbero scegliere di andare a Egmond o Petten.

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