Termovalorizzatori , Pirolizzatori e Plasma generato da torce.

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a cura di Angelo Ionta
Per i turisti che da qui a poco ricominceranno a girare per le varie capitali europee, quelli che andranno a Copenaghen visiteranno sicuramente la “Sirenetta” – la statuetta in bronzo sullo scoglio all’ingresso del porto che ricorda la fiaba dello scrittore danese Andersen e, sempre zona portuale, il termovalorizzatore “Copenhill”, perché parimenti monumento alla “ green economy” e centro sportivo della città. Lo stabilimento, inaugurato nel 2017, brucia 70 tonnellate di rifiuti all’ora, oltre 440mila tonnellate l’anno – quelle prodotte dai circa 700mila abitanti e dalle migliaia di imprese commerciali della capitale, producendo energia elettrica per circa 60mila famiglie e riscaldamento per circa140 mila e come scarto di lavorazione soprattutto vapore acqueo (con una insignificante quantità di inquinanti poi ritrattati) quello che si vede uscire dall’unico fumaiolo dell’impianto.
Il costo di realizzazione è stato di 610 milioni di euro (Roma Capitale mette a bilancio circa 800 milioni di euro per il servizio smaltimento rifiuti ogni anno, con una spesa pro capite pari a 597 euro, costo tra i più alti del mondo). Ma l’attrazione turistica è legata al fatto che la struttura è uno dei centri sportivi della capitale danese, infatti ospita: pareti per arrampicata alte fino a 85 metri (tra le più alte al mondo); sentieri per trekking; un bar con vista sul porto e, quale piatto forte, una pista da sci, sul livello del mare, lunga 400 metri, realizzata dalla Ditta Neveplast di Bergamo che ha prodotto, oltre agli skilift, un manto sintetico erboso in cinque tonalità diverse di verde, così che anche Copenaghen, completamente piatta, abbia almeno una collina, da qui il nome Copenhill.
L’utilizzo intensivo di termovalorizzatori contribuisce fattivamente a risolve l’annoso e costoso problema dello smaltimento rifiuti a costi irrisori, senza inquinare, distribuendo gratuitamente energia elettrica e riscaldamento per migliaia di persone e, non ultimo, garantendo occupazione lavorativa.
In Italia sono attualmente in funzione 51 termovalorizzatori, 29 al nord. Un termovalorizzatore smaltisce rifiuti mediante un processo di combustione ad una temperatura compresa tra gli 850 e 1’050 gradi centigradi. Dal processo si ricava vapore, utilizzato per poi produrre energia elettrica e termica. Inquina poco perché l’alta temperatura distrugge le sostanze organiche pericolose ed i fumi prodotti vengono ulteriormente abbattuti, producendo alla fine solo vapore acqueo e pochi residui solidi. Il ciclo lavorativo di un termovalorizzatore si può dividere in quattro fasi: ingresso dei rifiuti, combustione, trattamento dei fumi di combustione, espulsione di fumi e ceneri.
Nella prima fase, i rifiuti vengono triturati e mandati nel forno. Nella seconda fase il prodotto viene bruciato. Dal calore ottenuto si ricava vapore che genera poi elettricità. Quello che resta passa in una camera di post-combustione dove termina il processo vero e proprio.
Ha poi inizio la terza fase, quella del trattamento dei fumi per l’abbattimento degli inquinanti. Tutti i fumi che si accumulano vengono raccolti nella caldaia dell’impianto che recupera il loro potere calorico. Le apparecchiature presenti nel termovalorizzatore tengono costantemente sotto controllo lo stato dei fiumi emessi, per sapere esattamente cosa viene immesso nell’atmosfera.
Dalla caldaia di un termovalorizzatore fuoriescono, dunque, energia e calore che possono essere recuperati in due modi: trasformati in energia elettrica per il territorio, oppure utilizzati per il teleriscaldamento, acqua calda convogliata direttamente alle abitazioni o industrie della zona.
Nella quarta e ultima fase fuoriescono dalla caldaia i fumi, corrispondenti al 10-15 per cento dei rifiuti trattati, e per la restante parte le ceneri, residui solidi, che vengono raccolti e ritrattati ottenendo per circa l’80% cemento o sottofondi stradali, per un 10%  materiale ferroso e la restante parte, un 10%, va in perdita d’acqua durante il trattamento. Pertanto, dal processo nulla finisce in discarica.
In Europa operano 350 termovalorizzatori, alcuni in città, come a Vienna, Parigi, Londra, Copenaghen, Montecarlo, Amburgo ed Amsterdam.
Alcuni Paesi ne fanno largo uso: la Svizzera li utilizza per smaltire il 100% dei rifiuti; la Danimarca smaltisce il 50 per cento; la Svezia il 45%.
La normativa vigente, a livello nazionale ed europeo, prevede che nello smaltimento rifiuti ci si attenga ad una precisa “scala” di priorità. Al primo posto occorre ridurre al massimo o eliminare (ancora meglio) quanto da smaltire (imballaggi, contenitori, il sovrappiù che finisce all’immondizia); al secondo il riciclo, il riutilizzo e il recupero del materiale, senza mutamento chimico del suo stato (plastica, carta, vetro, ecc.) attraverso raccolta differenziata ed il porta a porta, basata su  sensibilizzazione e fattiva collaborazione dei cittadini; al terzo trasformazione e riduzione volumetrica con produzione di energia ( termovalorizzatori, pirolizzatori e torce al plasma); infine, ahimè, la discarica e gli inceneritori senza recupero di energia.
L’Unione Europea, sensibile e conscia della problematica, ha previsto che per il 2025 si debba raggiungere almeno il 65% di riciclo imballaggi e il 55% di riciclo urbani, destinando così la termovalorizzazione ad una procedura meramente residuale.
Riassumendo, prima bisogna ridurre i rifiuti alla fonte, poi, come seconda opzione, bisogna aumentare al massimo il riciclo e il compostaggio, dopo tutto ciò bruciarli.
Tanto è vero che, in una comunicazione del 2017 sul ruolo della termovalorizzazione nell’economia circolare, la Commissione Ue ricorda che “ il contributo maggiore al risparmio energetico e alla riduzione delle emissioni di gas serra proviene dalla prevenzione e dal riciclaggio dei rifiuti”, quindi raccomanda di “ridefinire il ruolo della termovalorizzazione per evitare che si creino sia ostacoli alla crescita del riciclaggio e del riutilizzo, sia sovra capacità per il trattamento dei rifiuti residui.
In Olanda sorgono alcuni tra i più grandi inceneritori d’Europa, che permettono di smaltire fino ad un milione e mezzo di tonnellate di rifiuti l’anno. In Italia ai 51 termovalorizzatori operanti al momento dovranno aggiungersi due termovalorizzatori in Campania, previsti dal decreto 23 maggio 2008, n. 90, a Napoli e Salerno, oltre quello già in funzione di Acerra.
In Italia come elemento di novità nel settore dello smaltimento rifiuti va riportato il sistema SEPARO, ideato e brevettato dall’ingegnere Nino Emanuele Toffi di Campobasso. Si tratta, in particolare, di un meccanismo composto sia da procedure, sia da strumenti, debitamente dettagliati sino ai minimi termini, che permettono la raccolta e gestione dei rifiuti solidi urbani (RSU), prevedendo un sistema computerizzato e di contabilità del materiale, per quantità e qualità. Un sistema che, andando ad incentivare automaticamente il raggiungimento di una vera economia circolare, nel rispetto di quanto previsto dalla citata normativa nazionale ed europea in merito alla priorità di riciclare/riutilizzare e recuperare la materia senza mutarne lo stato. Appunto tramite la raccolta differenziata, rendendo più vicino e meno problematico il raggiungimento degli obiettivi previsti per il 2025, come detto … raggiungimento di almeno il 65% di riciclo imballaggi ed il 55% di riciclo RSU, facendo così della termovalorizzazione una procedura meramente residuale.
Come terzo step dello smaltimento rifiuti, oltre ai termovalorizzatori, occorre ricordare la Pirolisi e la tecnologia, ancor più innovativa, quella del “plasma” generato da torce.
I “Pirolizzatori” sono impianti che sfruttano appunto la pirolisi (o piroscissione), un processo di decomposizione termochimica dei materiali organici, ottenuto mediante applicazione di calore e in completa assenza di un agente ossidante, ovvero l’ossigeno. Il riscaldamento del materiale porta così alla scissione dei legami chimici originari, con formazione di molecole più semplici (omolisi termicamente indotta). Tra i principali processi pirolitici sfruttati su larga scala spiccano il cracking industriale e il trattamento termico dei rifiuti. Tali sistemi di smaltimento, sebbene presenti in molte parti del mondo, sono particolarmente utilizzati in Francia e negli Stati Uniti. Il funzionamento per la dissociazione molecolare prevede particolari condizioni di pressione (inferiore a quella atmosferica di circa 10 mm di mercurio) e temperatura (450-800° c). Quello che si ricava sono, per il 70% del materiale originario, prodotti gassosi combustibili (gas da pirolisi o syngas) e solidi per la restante parte (coal o char da pirolisi). Il gas prodotto è trasformato in vapore, quindi in energia, mentre il carbone può essere utilizzato in cementifici, come carbone o ulteriormente trattato nello stesso impianto per il suo recupero energetico Lo scarto è rappresentato da un 10% di prodotto iniziale. La Pirolisi comporta vantaggi ambientali ed economici. Infatti, la combustione senza ossigeno non crea sostanze pericolose quali diossina ed altre sostanze velenose. Inoltre, quello economico, è il fatto che questi impianti possono essere di piccole dimensioni, comportando così tempi ed investimenti minori.
Infine, una tecnologia ancor più innovativa è la distruzione dei rifiuti solidi con il “ plasma generato da torce”. Il plasma è costituito da gas ionizzato ad altissima temperatura compresa tra 8’000 e i 15’000° C, a seconda del tipo di torcia utilizzata. Negli USA sono impiegate torce che raggiungono temperature intorno a 90’000 gradi (a mezzo di fasci di luce laser) per trattare rifiuti solidi di ogni tipologia ed anche per bonificare le discariche di rifiuti solidi urbani e non. Le torce al plasma apportano una energia ad altissima densità costituita da un flusso di gas o aria, a seconda dei rifiuti, che veicola l’energia dell’arco elettrico all’esterno della torcia. Sottoponendo qualsivoglia tipo di rifiuto all’azione della torcia, date le elevate temperature e l’elevato trasferimento di energia, le molecole organiche si decompongono, mentre i materiali inorganici vengono fusi. Con tale processo, con l’ausilio del vapore, viene prodotto un gas di sintesi di composizione sovrapponibile al gas d’acqua impiegato nelle abitazioni prima che fosse diffuso il metano.
I rifiuti trattati con le torce al plasma si decompongono: il carbonio è libero di reagire con l’ossigeno immesso direttamente nella zona di reazione, formando un gas di sintesi essenzialmente composto da ossido di carbonio (CO) ed idrogeno molecolare (H2).
Nei processi chimici legati alle varie fasi non si hanno emissioni di gas tossici, quali diossine – furani e composti organici volatili semilavorati, non si ha produzione di scorie e ceneri di fondo contenenti materiali incombusti e metalli pesanti e non vengono prodotte ceneri volanti contenenti metalli pesanti (cadmio, mercurio, piombo, ecc.). Il rifiuto solido, nella misura di circa il 3%, è utilizzabile nelle cementerie e nella composizione dei calcestruzzi.
Insomma, la tecnologia in maniera green ci consente di smaltire tutte le tipologie di rifiuti.

 

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