Venerdì 27 gennaio, alle ore 9:30, in occasione della Giornata della Memoria, la Sala Consiliare del Comune di San Giuseppe Vesuviano ospiterà una narrazione teatrale su Irena Sendler, “la terza madre del ghetto di Varsavia”. Irena Sendler, infermiera polacca figlia di un medico, nacque il 15 febbraio 1910 a Varsavia e morì a Varsavia il 12 maggio 2008, e solo in tarda età ebbe il riconoscimento per aver salvato circa duemilacinquecento bambini ebrei nascondendoli in ogni modo.
L’evento, promosso dall’associazione per la cooperazione e l’amicizia italo-polacca di San Giuseppe Vesuviano, con il patrocinio del Comune di San Giuseppe Vesuviano ed in collaborazione con l’Ambasciata della Repubblica di Polonia in Roma e con il Consolato Onorario della Repubblica di Polonia in Napoli, è stato ideato e progettato da Roberto Giordano e Suzana Glavaš per favorire la consapevolezza e la sensibilità degli studenti e delle loro famiglie riguardo al significato della Shoah.
Parteciperanno Jolanta Traczyk, presidente dell’associazione per la cooperazione italo polacca, Vincenzo Catapano, sindaco di San Giuseppe Vesuviano, Dolores Leone, vice sindaco ed assessore alla cultura, Ewa Mamaj, capo ufficio consolare dell’Ambasciata di Polonia, Dario Dal Verme, Console Onorario della Repubblica di Polonia a Napoli e Suzana Glavaš, docente di lingua croata presso l’Università degli Studi di Napoli“L’Orientale”.
La vita della protagonista, Irena Sendler, costituisce una testimonianza importante di quel tragico evento storico. La storia di persone realmente esistite, narrate e interpretate da attori di teatro, può diventare il ponte della memoria per le giovani generazioni, affinché possano non dimenticare l’Olocausto. “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”, queste le parole di Primo Levi scelte quale filo conduttore della narrazione di domattina.
“Ricordiamo, come ogni anno, la tragedia dell’Olocausto – ha evidenziato Dolores Leone, vice sindaco ed assessore alla cultura del Comune di San Giuseppe Vesuviano – affinché certi drammi possano, in futuro, non attraversare più l’umanità ed affinché i nostri ragazzi possano avere piena consapevolezza del dolore che il male ha causato.”