La Cineteca Nazionale di Roma, che ha sede nella Sala Trevi, nei pressi della famosissima Fontana, dedica una retrospettiva al regista stabiese Silvio Siano. Dal 26 al 27 maggio saranno proiettate cinque sue pellicole.
Un nome nel dizionario dei registi, già con una particolarità, a scorrere la breve filmografia (7 film e mezzo): titoli secchi, incisivi, non facilmente dimenticabili. Napoli eterna canzone. Fuoco nero. Soli per le strade. Saranno uomini. Lo sgarro. La donnaccia. La vedovella. Ai quali si aggiunse, per ultimo, nel 1965, Agente X77: ordine di uccidere, firmato con lo pseudonimo Edgard Lawson, di cui esiste una versione francese diretta da Maurice Cloche. Lo ritroviamo, altra singolarità, negli anni Settanta, direttore di produzione e organizzatore generale in vari film, prevalentemente con Carlo Lizzani (San Babila ore 20: un delitto inutile, Storie di vita e malavita) e Stelvio Massi (5 donne per l’assassino, Poliziotto senza paura).
Ma chi era Silvio Siano, regista sicuramente da riscoprire (in quel gruppo di titoli, almeno tre meritano visioni e revisioni)? Lasciamo la parola al figlio Leopoldo, affermato autore televisivo: «Nato nella provincia di Napoli [a Castellammare di Stabia, nel 1921, n.d.r.], Silvio Siano non perdeva occasione di dimostrare a tutti le sue qualità artistiche. Infatti, fin da piccolo, si divertiva a coinvolgere la sua numerosa famiglia a recitare delle commedie napoletane. Anche al liceo, ero tra i più attivi a mettere in scena spettacoli teatrali. […] Finita la Guerra, la decisione importante di trasferirsi a Roma, per seguire da vicino i grandi maestri del Neorealismo. […] Dopo aver diretto due film per mettere alla prova le sue qualità di regista (Napoli eterna canzone – 1948, Fuoco nero – 1950) ed essersi fatto apprezzare al Festival del Cinema di Venezia con un cortometraggio Vicolo cieco, decise che era giunto il momento di farsi conoscere dal grande pubblico, scegliendo la sua città natìa come scenario ideale per girare il film. Con grande tenacia trovò i soldi per produrlo e, come De Sica, Rossellini, Pasolini, prese dalla strada gli interpreti della sua storia. Fu così che nacque Soli per le strade (1953), un film apprezzato anche dal Vaticano, per come fu affrontata la tematica dell’infanzia abbandonata. […] La difficoltà di proporre un cinema impegnato […] gli fece prendere la decisione di riporre nel cassetto i panni da regista per indossare quelli del produttore. Rimane in lui, comunque, la consapevolezza di aver fatto un cinema con la “C” maiuscola» (Leopoldo Siano).
Si ringrazia per la collaborazione Giuseppe Luciano Cuomo